Bronze bell in a bell tower, with a medieval castle in the background

Arte campanaria: patrimonio Unesco per Gubbio e Arrone

L’arte campanaria tradizionale è stata riconosciuta nel 2024 come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’Unesco. Un importante riconoscimento e traguardo che celebra una tradizione millenaria, capace di unire generazioni e culture attraverso un linguaggio fatto di suoni, emozioni e memoria collettiva. Le campane non sono solo degli strumenti musicali: sono voci che scandiscono il tempo delle feste, dei lutti, delle preghiere e degli eventi importanti di una comunità.

 

Il linguaggio universale delle campane

Questo prestigioso riconoscimento è il risultato di un impegno decennale della Federazione Nazionale Suonatori di Campane, che ha dedicato anni a documentare, preservare e valorizzare un’arte profondamente legata all’identità culturale italiana.

L’UNESCO ha sancito che l’arte campanaria è un linguaggio universale: dai rintocchi sacri che chiamano alla preghiera ai segnali d’allarme in caso di pericolo, dalle feste patronali ai momenti di raccoglimento, il suono delle campane ha sempre scandito i ritmi della vita collettiva, diventando la voce sonora delle comunità.

 

Il Maestro Campanaro, custode di un sapere vivo

Al centro di questa tradizione c’è il campanaro, depositario di un sapere tramandato di generazione in generazione attraverso la pratica e l’oralità. Più che un semplice suonatore, è un vero artigiano del suono, capace di distinguere una campana dall’altra solo ascoltandone il rintocco, intuendone la composizione metallica e persino riconoscendo il campanile che la ospita.

Ogni momento ha il suono che gli appartiene, e il campanaro, con maestria, modula questi linguaggi sonori, diventando così guardiano della memoria collettiva di un territorio.Assistere a un’esibizione campanaria è un’esperienza che affascina e commuove: gli sguardi si alzano verso il cielo, seguendo il volteggiare delle corde e il rimbombo dei bronzi. E chissà che tra quella folla non ci sia un giovane destinato a raccogliere il testimone, diventando a sua volta voce della comunità di domani.

Un futuro da preservare

Nonostante l’importanza del riconoscimento Unesco, l’arte campanaria affronta oggi una sfida cruciale per la sua sopravvivenza. L’avvento dei sistemi automatizzati ha ridotto il numero di campanari, mettendo a rischio tecniche secolari.

In Umbria, Gubbio e Arrone resistono come custodi di questa tradizione, dimostrando al mondo come un’arte antica possa ancora emozionare e creare connessioni. La loro passione è un invito a non lasciare che questa eredità si perda nel silenzio.

 

Il Campanone di Gubbio, un simbolo che unisce

A Gubbio i campanari sono una quindicina e diventare campanaro richiede un tirocinio con la compagnia locale. Alla fine, il nuovo campanaro guadagna la riconoscibile maglia rossa, entrando nella Compagnia dei Campanari di Gubbio, fondata ufficialmente nel 1981 ma di fatto esistente da secoli.

Il maestoso Campanone del Palazzo dei Consoli, installato nel 1769, è un simbolo della città e un’icona della tradizione eugubina. Con i suoi oltre 2,50 metri di altezza totali e quasi due tonnellate di peso, più che un monumento è un elemento vivo della cultura locale: ogni anno, durante la Festa dei Ceri, il suono delle campane accompagna le celebrazioni, unendo la comunità in un momento di condivisione unico.

Suonare il Campanone non è solo un atto tecnico, ma un’esperienza carica di emozioni, che coinvolge sia i campanari che gli ascoltatori.

 

Arrone: l’arte campanaria tra i borghi medievali

Anche ad Arrone l’arte dei maestri campanari è parte integrante dell’identità locale, tanto che nel 2002 è nato il Gruppo Campanari Arrone, con l’iniziale obiettivo di tornare a far risuonare nuovamente le antiche campane della chiesa di San Giovanni Battista.

Proprio in questo campanile sono custodite numerose campane: al centro si trova la campana maggiore, impreziosita da raffinati rilievi bronzei raffigurano il santo patrono e la torre Civica di Arrone, sormontata da un olivo selvatico cresciuto spontaneamente: un potente simbolo di resilienza e tradizione.

Accanto al campanone, altre tre campane: quella del mezzogiorno, la mediana che indicava l’ingresso degli scolari nella scuola elementare e, infine, la minore che richiamava gli arronesi in assemblea, dove un’iscrizione ricorda la rifusione, avvenuta dopo la sua distruzione durante la rivolta del 1799.

 

Curiosità: suonare le campane “a bicchiere”

L’arte campanaria unisce forza, ritmo e gestualità in un dialogo secolare tra corpo e bronzo.

In Umbria si pratica una tecnica mista: campane fisse a batacchio alternate al maestoso oscillare del campanone.

Ma la vera peculiarità umbra è la straordinaria tecnica “a bicchiere”, in cui il campanaro, con un gesto atletico e preciso, porta la campana in posizione verticale, con la bocca rivolta verso il cielo. Questa manovra, che richiede l’uso non solo delle braccia ma anche dei piedi, è una delle più spettacolari e impegnative, dimostrando come l’arte campanaria sia un vero patrimonio di abilità fisica, coordinazione e tradizione vivente.

Ogni suono, ogni movimento, racconta una storia antica – e il corpo del campanaro ne è l’interprete, ponte tra passato e futuro.

 

Le campane che parlano di storie e leggende

Oltre a Gubbio e Arrone, altri luoghi dell’Umbria possiedono storie e leggende sulle loro campane:

  • Campana di Sant’Emiliano: si racconta che la notte in cui il patrono di Trevi fu decapitato, nel 304, una campana suonò da sola. Il suono fu così potente da essere udito in tutto il territorio
  • Campane del Monastero di Santa Maria Maddalena: il 22 maggio 1457, giorno della morte di Margherita Lotti, la futura santa Rita, le campane del monastero di Cascia iniziarono a suonare, come mosse da mani invisibili.
  • Campane di Montone: nel 1473, quando Carlo Fortebracci, figlio del famoso capitano di ventura Braccio da Montone, donò alla città una reliquia della Santa Spina, le campane iniziarono a suonare da sole. L’evento viene ancora oggi ricordato ogni anno in occasione della “Festa della Donazione della Santa Spina”.
  • Campana della Madonna delle Scentelle: si narra che a Grotti, frazione di Sant’Anatolia di Narco, una donna gettò il proprio oro nella fusione della campana destinata alla piccola chiesa campestre, come ringraziamento per una grazia ricevuta. Nonostante oggi la campana è stata trafugata, qualcuno ricorda il suono inconfondibile della preziosa campana.
  • Il campanaro di Ferentillo: all’interno nel Museo delle Mummie, si narra che uno dei corpi conservati sia quello di uno sfortunato campanaro, che morì cadendo dal campanile mentre suonava le campane per la sua amata.
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