Interior of the Basilica of San Salvatore in Spoleto, featuring ancient columns, a frescoed apse, and a domed vault.

Basilica di San Salvatore a Spoleto

Eretta sul colle Ciciano e oggi inglobata all’interno del cimitero di Spoleto, appena fuori dalle mura medievali della città, la Basilica di San Salvatore (attualmente in fase di restauro) è uno dei luoghi più affascinanti dell’Umbria. Secondo lo storico spoletino Sordini, è il più grande monumento spoletino dell’antichità, in grado di sorprendere per lo straordinario linguaggio architettonico con cui è stato concepito.

Entrare al suo interno è come varcare una soglia nel tempo: l’edificio unisce elementi decorativi ispirati ai modelli classici e materiali di spoglio di epoca romana, come le colonne che provengono con ogni probabilità dall’area del foro della romana Spoletium, con influssi orientali, riconducibili al massiccio arrivo nel VI secolo di numerosi monaci siriani, gli stessi che contribuirono alla nascita dei movimenti eremitici Monteluco e in Valnerina.

Nel 2011 la Basilica di San Salvatore è diventata Patrimonio Mondiale dell'UNESCO, inserita nel sito seriale I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.), che raccoglie le più straordinarie testimonianze monumentali della civiltà longobarda in Italia.

Storia e fasi edilizie della basilica

Nonostante non sia nota la data di edificazione, a lungo discussa dagli storici, le ipotesi più accreditate lo interpretano come un edificio sorto in età paleocristiana, tra IV e V secolo. In origine, era probabilmente dedicato a san Concordio, martire spoletino che, secondo la tradizione agiografica, fu sepolto in questo luogo.

Nel corso del VIII secolo, forse a causa di un evento disastro, l’edificio subì un radicale restauro, venendo intitolato a san Salvatore, ed è con la nuova dedica che viene menzionata in documenti risalenti al 815 e al 840.

È in questo momento che la basilica si trasforma in quello che diventerà un vero e proprio simbolo del popolo longobardo, analoga per diversi aspetti all’altro grande monumento, il Tempietto a Campello sul Clitunno. In entrambi i casi, architetture caratterizzate da elementi di spoglio quanto da quelli realizzati a imitazione del classico, vengono sapientemente fuse nell’edificio paleocristiano per trasformarlo in un raffinato esempio di continuità architettonica tra passato e presente.

A partire dal XI, la basilica riacquistò l’iniziale dedica a san Concordio, alla quale si aggiunse quella a san Senzia, altro martire spoletino. La doppia intitolazione fu mantenuta fino al XVII secolo, quando la venerazione dei due santi fu sostituita dalla devozione per l’immagine miracolosa di Cristo Crocifisso, proveniente da un altro luogo e collocata sull’altare maggiore. Da questo momento, l’edificio fu noto anche come chiesa del Crocifisso.

Nel 1249 la chiesa e l’annesso monastero furono concessi al Capitolo del Duomo, che nel 1259 li affidò agli Agostiniani. I monaci, a loro volta, permisero ad alcune donne devote di ritirarsi nella clausura del monastero. Un documento dell’epoca ricorda che il luogo custodiva le reliquie di san Concordio e san Senzia, raccolte nel 1727 in un’urna ancora conservata all’interno della chiesa.

Le monache rimasero nell’edificio fino al 1456, quando subentrarono gli Agostiniani Scalzi, che mantennero il complesso fino al 1951. Durante il XX secolo l’edificio subì un profondo restauro per eliminare le alterazioni aggiunte nei secoli, tornando a essere intitolato a san Salvatore, al quale si affiancò nuovamente la dedica ai santi Concordio e Senzia.

La facciata: equilibrio tra classicismo e spiritualità

L’aspetto esterno dell’edificio colpisce soprattutto per la sua superba quanto essenziale facciata,che oggi si presenta divisa in due piani.

Sulla parte inferiore, in origine probabilmente coperta da intonaco oppure anticipata da un portico, si aprono tre eleganti portali in pietra, con architravi di ispirazione classica.

Nella parte superiore, oltre a qualche frammento della decorazione a bugnato in pietra, si aprono tre finestre. Le due laterali sono sovrastate da un frontone con timpano triangolare, mentre la centrale ha due pilastrini che sostengono un arco a tutto sesto con la ghiera decorata da motivi classici e sedici elementi radiali.

L’interno monumentale della basilica, tra affreschi e colonne

Oggi quasi del tutto priva di affreschi e arredi, la basilica colpisce per la sua imponente quanto austera architettura, articolata su impianto a tre navate, la centrale di altezza maggiore rispetto alle due laterali. In origine separate da sette campate, oggi quasi tutte riempite, le navate sono scandite da possenti colonne doriche di spoglio. Le pareti della navata centrale, come rivelano i resti superstiti che si scorgono all’estremità, erano rivestite da stucchi che simulavano una maestosa trabeazione dorica.

Al termine della navata centrale, un arco trionfale anticipa il presbiterio a pianta quadrata, coperto da una cupola a otto spicchi con una lanterna al vertice. Ai quattro angoli si ammirano coppie di colonne corinzie di spoglio, mentre ai lati semicolonne di spoglio incorniciano l’accesso ai due ambienti posti ai lati del presbiterio, oggi in prosecuzione delle navate laterali, con probabilmente con originaria funzione di sacrestie.

Chiude l’impianto interno un’abside semicircolare, affiancata da due ambienti a pianta quadrata. Al centro dell'abside, in una nicchia, è visibile l’affresco con una croce gemmata inserita che, insieme a tracce di decorazioni a finto rivestimento marmoreo, sono riconducibili al rifacimento altomedievale. Al di sopra della nicchia, una Crocifissione cinquecentesca di scuola dello Spagna, a destra una Madonna con Bambino e un santo, affresco frammentario del secolo XIII.

Ulteriori affreschi dei secoli XIV e XV nei due sacelli ai lati dell’abside e lungo le pareti delle navate laterali, come l’immagine di Santo Diacono, sulla navata destra, che potrebbe rappresentare san Concordio, la cui venerazione diede origine alla storia plurisecolare di questo straordinario luogo.

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