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L'eremo di Monte Corona presso Umbertide

Sorto in pieno Cinquecento sulla sommità del monte, immerso in un bosco di abeti, castagni e corbezzoli costellato da edicole votive, l’eremo di Monte Corona è un luogo di grande suggestione. La sua origine è strettamente legata a quella dell’abbazia di San Salvatore, il monastero camaldolese a breve distanza, del quale costituisce ideale prosecuzione: l’eremo era il centro della vita spirituale della comunità, mentre l’abbazia costituiva il fulcro delle attività economiche e un rifugio per i monaci più anziani o malati, impossibilitati a rispettare l’austerità della vita eremitica.

A mezza costa del monte si trovava una cappella, dedicata a San Savino; i frati impegnati nell’edificazione dell’eremo costruirono le loro cellette attorno ad essa, e ogni giorno si recavano a lavorare alla costruzione. In seguito, l’abbazia di San Salvatore, la cappella di San Savino e l’eremo vennero collegati da un’ampia strada realizzata da blocchi di arenaria, detta “la mattonata”, interamente realizzata dai monaci, tuttora percorribile e di interesse naturalistico; la cappella di San Savino, invece, è stata trasformata in abitazione privata.

Nel 1863, in seguito alla proclamazione del Regno d’Italia e alla conseguente confisca dei beni ecclesiastici, l’eremo e l’abbazia di San Salvatore vennero abbandonati e quindi acquistati dal marchese Filippo Marignoli, senatore del Regno d’Italia, nel 1871. La famiglia Marignoli tenne le proprietà di Monte Corona per più di cinquant’anni, realizzando presso l’eremo una lussuosa abitazione, oltre a importanti lavori di canalizzazione. Nel 1938, l’antica costruzione e le sue pertinenze vennero acquistate dal famoso tenore Beniamino Gigli: “Queste colline armoniose, queste fertili valli. La verde Umbria è da sempre nel mio cuore”. Successivamente, si alternarono a Monte Corona diversi proprietari, tra cui alcuni gruppi finanziari della famiglia Agnelli, e questi luoghi attraversarono numerose vicissitudini: l’occupazione delle truppe anglo americane nel 1944, l’accoglienza agli sfollati in fuga dai bombardamenti e dalle rappresaglie, l’abbandono degli anni Sessanta e la conseguente occupazione da parte di un guru indiano nel 1977, che vi istituì un luogo di ritiro spirituale, funzionante fino al 1980.

Nel 1981, infine, un piccolo gruppo di suore di clausura della “Famiglia monastica di Betlemme, dell’assunzione della Vergine Maria e di San Bruno” si sono insediate nel monastero, che è tornato a essere una comunità religiosa, attualmente in mano a frati dello stesso ordine, in seguito al trasferimento delle suore nel convento di Mocaiana, presso Gubbio.

L’eremo di Monte Corona è un luogo di silenzio e preghiera: in parte inaccessibile, è possibile seguire un percorso esterno che permette di conoscere i segreti della vita monastica nelle diverse fasi della giornata e acquistare i prodotti naturali e artigianali del monastero, oltre a visitare il suggestivo oratorio, semplice e povero ma ornato da icone realizzate dai monaci. L’accoglienza e l’ospitalità sono invece riservate a soli uomini e non in gruppo. Delle antiche costruzioni rimane solo la chiesa settecentesca, in stato di abbandono, spoglia e modesta all’interno e adorna di stucchi all’esterno.

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