Nel 1532 alla profondità di duecento piedi si trovò anche un sepolcro pre-etrusco. Si scavò prima nel tufo e poi nell'argilla e, raggiunta la falda acquifera, si ricostruì in mattoni il profondo cilindro. I lavori finirono nel 1537.
A sezione circolare è profondo sessantadue metri e largo tredici. Intorno alla canna del pozzo girano a spirale due scale a chiocciola progettate in maniera tale da correre sovrapposte l'una all'altra senza però comunicare tra loro: ciò serviva a far si che le persone con i muli che si recavano nel fondo del pozzo ad attingere acqua non intralciassero il cammino di chi, dopo essersi procurato l'acqua, stava risalendo in superficie.
Ogni scala ha duecentoquarantotto scalini comodissimi, facili da scendere anche per le bestie da soma. Le scale prendono luce da settantadue finestre centinate aperte nella canna. La luce viene diminuendo a mano a mano che si discende, fino a diventare penombra. In fondo alla canna un piccolo ponte collega le due scale.
La parte esterna del pozzo, consiste in una larga e bassa costruzione cilindrica, è decorata da gigli farnesiani di Paolo III, nella quale si aprono due porte ai punti diametralmente opposti.
Sul fondo il livello dell'acqua, alimentata da una sorgente naturale, si mantiene costante per via di un emissario che fa defluire la quantità eventualmente in eccesso. Il ponte che unisce le due scale è sempre praticabile.
Il pontefice incaricò anche Benvenuto Cellini di coniare una medaglia, oggi conservata ai musei Vaticani, con la scritta "UT POPULUS BIBAT" ("perché il popolo beva"), dove è rappresentato Mosè che colpisce con la verga una roccia da cui sgorga l'acqua davanti al popolo ebreo in fuga, mentre uno di essi ne attinge con una conchiglia.
Sull'entrata la scritta "quod natura munimento inviderat industria adiecit" ("ciò che non aveva dato la natura, procurò l'industria") celebra la potenza dell'ingegno umano capace di sopperire le carenze della natura.
Purtroppo Clemente VII non vide mai realizzata l'opera, che fu portata a termine quando sul soglio pontificio sedeva Paolo III Farnese. Oggi è possibile visitare il pozzo, per intero, diventato museo.
L'etimologia del nome è piuttosto strana, in effetti questo pozzo è stato collegato ad un'enorme cavità, quasi senza fine, che si trova in Irlanda. In passato si pensava addirittura che questa cavità fosse collegata con il mondo dell'aldilà, cioè che oltre questa si aprissero le porte del Purgatorio. Qui san Patrizio, che in Irlanda fece opera di evangelizzazione per molto tempo, amava ritirarsi in preghiera.
Il papa, che conosceva bene la storia del santo decise di dedicargli il pozzo perché gli ricordava, vista la sua profondità, il baratro irlandese in cui il santo pregava. Di conseguenza il pozzo da militare acquisì con il nuovo nome un'aurea di sacralità. Oggi con l'espressione "pozzo di san Patrizio" si usa anche indicare una riserva misteriosa e sconfinata di ricchezze.