La roccia spaziale della Gola del Bottaccione
Uno sguardo alla stratigrafia rocciosa dalla statale 298
La Gola del Bottaccione è una profonda incisione del terreno che si trova a nord di Gubbio. La gola è formata da due pareti verticali tra i monti Ingino e Foce, dove il torrente Carmignano, a fondo valle, ha esercitato la sua lenta azione erosiva nel corso degli ultimi tre milioni di anni.
Sempre a fondovalle si insinua tra le pareti la tortuosa statale 298; in alto, si vede parte dell’acquedotto medievale che dal 1300 fino agli inizi del ventesimo secolo ha portato l’acqua a Gubbio.
Le rocce del Bottaccione costituiscono una sequenza stratigrafica che, partendo dal Giurassico, arriva al Cretaceo e a parte dell’era Terziaria. In sostanza, una sorta di “archivio della terra”, come a volte viene chiamata.
Il limite K/T: tracce dell’asteroide causa della fine dei dinosauri
Questo “archivio” è peculiare: gli strati di rocce raccontano l’evoluzione di quello che nel Cretaceo era un fondale marino a circa 2000 metri di profondità, alla scomparsa dell’oceano nell’era terziaria, quando I fondali dell’oceano cominciarono a trasformarsi nei nostri Appennini.
Il sito è da sempre stato oggetto di studio e, dopo gli anni ’30, i geologi hanno individuato tra quelle rocce un sottilissimo ma netto elemento di discontinuità: uno strato composto non da fossili ma da argilla che interrompeva bruscamente la continuità stratigrafica.
Il punto di svolta di questi studi avvenne negli anni ’70, quando un geologo americano scoprì che quella linea di argilla aveva un'altissima concentrazione di iridio, metallo raro sulla terra ma presente nella polvere cosmica.
Simili evidenze vennero riscontrate in altri siti sparsi in tutto il mondo, a dimostrazione che alla fine del Cretaceo, circa 65 miilioni di anni fa, la terra deve essere stata colpita da un grosso meteorite.
La polvere cosmica generata dall’impatto si sarebbe mantenuta in sospensione per anni, assorbendo le radiazioni solari. Le piante, in assenza di luce morirono, o modificarono sensibilmente la loro crescita. Da qui l’estinzione repentina di tante specie animali che fino ad allora avevano abitato e dominato il pianeta. Tra tutti, i famosi dinosauri.